In seguito alla tragedia di Cutro, si sono succeduti nei giorni scorsi, con toni diversi tra loro, i richiami alla necessità di gestire i flussi migratori e garantire la possibilità di raggiungere l’Italia in maniera sicura. Come campagna Ero straniero, sentiamo oggi il bisogno di fare chiarezza, nella grande confusione di titoli, dichiarazioni, analisi affrettate cui abbiamo assistito, sottolineando alcuni punti fermi della nostra visione rispetto al tema degli ingressi per lavoro che è l’ambito di cui ci occupiamo.
Primo punto fermo, è l’obbligo – nazionale, europeo, internazionale – di assicurare alle persone in fuga canali sicuri e dedicati che consentano loro di essere accolte e trovare protezione.
Rispetto, invece, ai flussi per lavoro, dal 2017, chiediamo un cambiamento profondo dell’attuale sistema di ingresso, a oltre vent’anni dalla sua introduzione, visto che non funziona, è difficilmente accessibile da lavoratori e lavoratrici, non è in grado di soddisfare le richieste del mondo produttivo – come sottolineato dalle associazioni datoriali di moltissimi settori – e continua a creare e alimentare irregolarità e lavoro nero. Questo è il secondo punto fermo: oggi può entrare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto ed esclusivamente nell’ambito delle quote e dei settori lavorativi definiti dal decreto flussi, non sulla base dei concreti bisogni delle aziende. In pratica, il datore di lavoro deve far arrivare dall’estero già con un impegno all’assunzione il lavoratore, anche se – presumibilmente – non l’ha mai visto. Per di più, non c’è modo di assumere e mettere in regola una persona già presente in Italia ma senza documenti, con cui magari si ha già un rapporto di lavoro informale (come spesso accade nel lavoro di cura e domestico).
Altro punto fermo della nostra analisi: la vera modalità di assunzione e stabilizzazione in Italia è stata e continua a essere il ricorso alle sanatorie periodiche, come abbiamo visto dal 2002 in poi. Una smentita di fatto delle scelte politiche fatte finora e un’ammissione di impotenza.
Alla luce di questi elementi, crediamo che non siano sufficienti i ritocchi minimi fatti recentemente sul decreto flussi che, pur confermando l’aumento di quote già previsto lo scorso anno, non scardinano il meccanismo troppo rigido ma, anzi, accrescono le complicazioni per i datori di lavoro visto il requisito della “previa indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale”.
La campagna Ero straniero propone invece un approccio pragmatico, che parte da quanto accade nella realtà. Sono due gli interventi di riforma che abbiamo individuato: l’introduzione di canali di ingresso più flessibili (come l’introduzione della figura dello sponsor o di un permesso per ricerca lavoro) realmente accessibili da lavoratori e lavoratrici dei paesi terzi e che, allo stesso tempo, rispondano alle esigenze del nostro mondo produttivo. Altro intervento fondamentale: la possibilità di mettere in regola le persone già presenti in Italia se hanno la disponibilità di un lavoro, con un meccanismo di regolarizzazione su base individuale, senza il bisogno di ulteriori sanatorie. Crediamo che queste siano le uniche strade da intraprendere per cercare di limitare il ricorso a viaggi pericolosi per la vita delle persone e restituire dignità a chi, pur non in possesso di un permesso di soggiorno, contribuisce comunque al progresso sociale ed economico del paese.
Al governo e a tutto il parlamento offriamo questi strumenti, frutto di anni di lavoro comune di numerose organizzazioni e del confronto con i territori e il mondo produttivo. Altro che stretta sui permessi: l’obiettivo condiviso non può che essere, finalmente, quella riforma da tutti evocata ma mai perseguita fino in fondo.