Le proposte di riforma della campagna Ero Straniero

Come (non) funziona oggi

Chi può entrare oggi in Italia per motivi di lavoro?

Possono entrare solo coloro che sono già in possesso di un contratto di lavoro ed esclusivamente nell’ambito delle quote e dei settori lavorativi identificati dal decreto flussi. Con tale sistema “a chiamata”, il datore/datrice di lavoro deve far arrivare dall’estero il lavoratore o lavoratrice stranieri già con un impegno all’assunzione, anche se – presumibilmente – non l’ha mai visto. Per di più, il datore/datrice di lavoro può “chiamare” un lavoratore o lavoratrice dall’estero solo nei pochi giorni fissati annualmente dal decreto flussi, e deve impiegarlo esclusivamente nei settori lavorativi indicati dal decreto, e non in base ai concreti bisogni dell’azienda.

Le nostre proposte

I punti principali della proposta di riforma del Testo Unico Immigrazione elaborati dalla campagna partono da due obiettivi di fondo:

1. Cambiare il sistema d’ingresso per lavoro aprendo nuovi canali diversificati e più flessibili che, da un lato, rispondano alle esigenze produttive effettive del nostro paese; dall’altro, siano facilmente accessibili da lavoratori e lavoratrici dei paesi terzi, in modo da evitare che rischino le proprie vite affidandosi ai trafficanti. In concreto i nuovi canali che proponiamo sono:

Permane di fatto per il datore/datrice di lavoro in Italia la possibilità di chiamare dall’estero una persona proveniente da un paese terzo con un impegno di assunzione, ma senza il limite di quote annuali stabilite dal Decreto Flussi e senza finestre temporali predefinite né limiti ai settori economici. Il datore/datrice di lavoro potrebbe quindi chiamare un lavoratore o lavoratrice dall’estero in qualsiasi momento in base agli specifici bisogni della sua attività.

Questo permesso ha la durata di un anno e si prevede la possibilità di far venire in Italia un lavoratore o lavoratrice in cerca di un’occupazione, selezionato nei paesi d’origine, attraverso l’intervento di figure di garanzia a fini dell’inserimento nel mercato del lavoro, che possono configurarsi come persone singole (“sponsor”) oppure soggetti autorizzati all’attività di intermediazione (associazioni di categoria, agenzie per il lavoro, università, sindacati, patronati, enti del terzo settore, etc).

Il lavoratore o lavoratrice dovrà presentare la richiesta di visto all’Ambasciata competente nel paese di origine. Attraverso questo meccanismo, si realizzerebbe un libero ed effettivo incontro tra domanda proveniente dai paesi terzi e offerta di lavoro sul territorio nazionale. I lavoratori o lavoratrici potrebbero cioè fare direttamente richiesta di ingresso in Italia per la ricerca di un’occupazione per un periodo ragionevole (6 mesi/un anno) purché siano in grado di offrire garanzie economiche per il viaggio e per il sostentamento nel periodo iniziale di soggiorno e per l’eventuale rientro nel paese di origine. Per il rilascio di questo permesso di soggiorno per ricerca lavoro sono previste delle quote annuali, stabilite con DPCM. Tale permesso sarà convertibile in permesso per lavoro. In mancanza di finalizzazione di un contratto alla sua scadenza, dovrebbe essere previsto il rientro volontario nel paese di origine.

2. Favorire la regolarità e la partecipazione delle persone straniere residenti in Italia, già presenti e radicate ma rimaste senza documenti, per fermare la creazione di nuova irregolarità e contrastare sfruttamento e marginalità sociale (regolarizzazione su base individuale), attraverso due canali:

Canale di regolarizzazione attraverso un contratto di lavoroche dia luogo ad un permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Si introduce un meccanismo permanente di regolarizzazione per lavoratori o lavoratrici senza un titolo di soggiorno presenti sul territorio italiano a fronte di un contratto di lavoro. Il meccanismo non è legato a una misura straordinaria né a una determinata finestra temporale, ma è su base individuale e accessibile in qualsiasi momento. I requisiti per accedere alla misura sono: la presenza del lavoratore/lavoratrice in Italia da almeno 6 mesi; la disponibilità di un contratto di lavoro di almeno 6/12 mesi; un reddito da garantire al lavoratore e alla lavoratrice superiore all’assegno sociale annuo.

Canale di regolarizzazione per radicamento sociale per la persona straniera non comunitaria senza documenti già presente in Italia che dimostri di essere radicata nel territorio e nel tessuto civile e sociale del Paese, della durata di due anni, rinnovabile, sul modello dell’”arraigo social” spagnolo. Il radicamento dello straniero è desumibile da elementi quali, a titolo esemplificativo, la sussistenza di legami familiari o affettivi del richiedente nel territorio italiano; la durata della permanenza, anche irregolare, sul territorio; la conoscenza della lingua italiana; l’inserimento sociale e lavorativo. Il permesso di soggiorno per radicamento sociale avrebbe la durata di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro potrà essere richiesto solo su dimostrazione della disponibilità di risorse pari almeno all’assegno sociale annuo.

Sono escluse da tutte le procedure di ingresso e regolarizzazione le persone considerate una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza, come già previsto in caso di condanne pregresse per determinati reati o pericolosità sociale.

Il nuovo impianto di interventi normativi di modifica del Testo unico immigrazione va ad aggiornare il contenuto della proposta di legge d’iniziativa popolare depositata in Parlamento nel 2017.

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