La manodopera straniera che ora aiuta il nostro paese

articolo di Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, pubblicato sul Corriere della Sera del il 22 ottobre 2024

Lo scarto tra percezione delle persone e la realtà del fenomeno migratorio è evidente in tutti Paesi dell’Unione Europea. In particolare, secondo un sondaggio Ipsos di quest’anno, in Italia il divario tra percezione (21%) e realtà (11%) è molto ampio. Del resto, l’immigrazione e tutte le politiche connesse ai cittadini stranieri si sono confermate negli ultimi venti anni come un elemento centrale del dibattito pubblico e spesso ago della bilancia delle elezioni politiche. Nulla di più pericoloso però che rimanere nel terreno delle ideologie senza affrontare i dati e vederne le implicazioni.

Secondo Eurostat, l’Italia è il Paese più vecchio dell’Unione europea, con metà della popolazione di età media superiore ai 48 anni. Insieme al Portogallo, l’Italia ha la più alta percentuale di residenti con più di 65 anni (24%), circa uno su quattro. Il rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Moressa mette in evidenza come 2,4 milioni di persone straniere producano l’8,8% del Pil e il saldo tra tasse e contributi pagati allo Stato da un lato e prestazioni di welfare dall’altro sia positivo per 1,2 miliardi di euro. Se ai dati ufficiali aggiungiamo quelli sul lavoro irregolare, abbiamo ulteriori conferme di come la realtà dell’immigrazione debba essere inquadrata in una prospettiva molto reale e concreta, fuori da pericolose ideologie. Avremo l’occasione di farlo al Festival di Oxfam, il prossimo 26 ottobre, discutendone con Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi, e con l’economista Tito Boeri, già presidente dell’Inps.

In Italia, è necessaria una riforma organica che, superi le misure varate negli ultimi anni — ancora troppo timide e viziate da un approccio straordinario e contingente — al fine di disegnare un sistema flessibile, in grado di favorire l’ingresso in maniera regolare della manodopera straniera e garantire l’inclusione sociale e lavorativa nel Paese, azzerando la creazione di irregolarità.

È il caso delle cosiddette «sanatorie» di cui quella del 2020 del governo Conte II è l’ultimo esempio. Anche in questo caso, però, la «colpa» della migrazione si è dovuta espiare attraverso regole profondamente ingiuste accompagnate alla inefficienza di apparati amministrativi e procedure che hanno fatto sì che, secondo il monitoraggio svolto dalla campagna Ero Straniero – di cui Oxfam è parte – dopo quattro anni dalla scadenza di presentazione delle domande più del 25% non abbiano ancora ricevuto una risposta definitiva. Ed ha avuto un ruolo significativo l’iniziativa della società civile che ha accompagnato singoli cittadini in azioni di class action nei confronti delle Prefetture di Milano e Roma. E di pochi giorni fa, inoltre, l’importante sentenza del Consiglio di Stato che conferma il principio della risposta obbligatoria entro 180 giorni da parte delle amministrazioni pubbliche anche ai contesti di immigrazione.

Stessa situazione la vediamo nel sistema di ingresso per lavoro in Italia. Nonostante gli interventi normativi intervenuti rispetto al decreto flussi, il sistema, rigido e farraginoso, non solo continua a essere insufficiente rispetto alle richieste del mondo produttivo, ma conserva storture e criticità profonde che finiscono, paradossalmente, per creare irregolarità. Per dirla più chiaramente, in Italia esiste un solo canale di ingresso regolare attraverso cui aziende e famiglie possono assumere lavoratrici e lavoratori, ma è questo stesso meccanismo che finisce per creare nuova irregolarità e ricorso al lavoro nero. In questo quadro, la campagna Ero Straniero ha elaborato una proposta di riforma del Testo Unico Immigrazione che parte da due obiettivi di fondo.

In primo luogo, cambiare il sistema d’ingresso per lavoro aprendo nuovi canali diversificati e più flessibili che, da un lato, rispondano alle esigenze produttive effettive del nostro Paese; dall’altro, siano facilmente accessibili da lavoratori e lavoratrici dei Paesi terzi, in modo da evitare che rischino le proprie vite affidandosi ai trafficanti. In secondo luogo, favorire la regolarità e la partecipazione delle persone straniere residenti in Italia, già presenti e radicate ma rimaste senza documenti, per fermare la creazione di nuova irregolarità e contrastare sfruttamento e marginalità sociale (regolarizzazione su base individuale). Tali proposte contribuirebbero a riorientare nella giusta direzione le politiche migratorie passando da un’impostazione di un fenomeno straordinario e contingente, ad una più solida visione strutturale e pertanto permanente.

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