Articolo di Cinzia Conti e Salvatore Strozza pubblicato su neodemos il 5 Settembre 2025
Via libera al nuovo decreto flussi per il triennio 2026-2028 con circa 500.000 arrivi per lavoro stagionale, lavoro non stagionale subordinato e autonomo. Cifre da capogiro o “molto rumore per nulla”? Ne discutono Cinzia Conti e Salvatore Strozza*, sostenendo la necessità di valutare il fabbisogno di lavoro alla luce delle dinamiche demografiche in atto, di verificare l’impatto effettivo della programmazione passata, nonché di considerare tutte le migrazioni – non solo quelle per lavoro – come una potenziale risorsa per il Paese.
Verso la seconda programmazione triennale dei flussi per lavoro
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 30 giugno 2025, ha varato in via preliminare il nuovo Decreto Flussi per il triennio 2026–2028, che stabilisce il numero di lavoratori non UE che potranno entrare regolarmente in Italia per motivi di lavoro. Rispetto al decreto precedente la cifra complessiva salirà a quasi 500.000 posti (precisamente 497.550), circa 50.000 in più rispetto al triennio precedente. Gli ingressi autorizzati sono suddivisi in questo modo: a) 230.550 posti per lavoro non stagionale e autonomo (ad esempio, nei settori dell’assistenza, dell’edilizia o dei servizi); b) 267.000 posti per lavoro stagionale, in particolare nei settori agricolo e turistico.
Senza dubbio si tratta di un buon segnale, quantomeno di continuità nella programmazione dei flussi regolari per lavoro. Probabilmente è ormai evidente a tutte le parti politiche quanto da anni evidenziato da diversi studiosi, e in particolare dai demografi, sulla necessità di adeguati flussi migratori dall’estero per provare ad agire positivamente sull’evoluzione demografica in atto.
Le quote dovrebbero essere state definite tenendo conto dei dati statistici raccolti negli anni passati e delle richieste avanzate dalle imprese e dalle associazioni di categoria. Al momento però è molto difficile capire attraverso i dati diffusi ufficialmente cosa sia realmente avvenuto attraverso i decreti flussi precedenti. Nell’era del “data deluge”, i numeri che possono consentire qualche valutazione sono pochi, spesso contraddittori, nonché di complessa interpretazione. Sembra inoltre necessario richiamare l’attenzione non solo sulle necessità immediate del mercato del lavoro, ma anche sull’evoluzione demografica a brevissimo e breve termine.